Quest’anno mi sentivo proprio di scrivere un altro articolo brutto sul Natale.
Ho iniziato a guardare in cagnesco il futuro ben prima dell’inizio di Dicembre. Quest’anno mi ha dato veramente tante insoddisfazioni, quindi sapevo che il Natale non sarebbe stato da meno. Ho passato solo un paio di Natali felici da quando i giocattoli hanno smesso di essere la parte più importante della festa, perché finalmente avevo con chi passarlo. Una fidanzata che mi amava, la sua famiglia che mi ha accolto come un altro figlio e, finalmente, quelle dei miei genitori che sembravano aver trovato la loro stramba stabilità o che forse più semplicemente avevano iniziato ad essere un problema secondario per me. Natali felici, i primi della mia nuova vita, i primi con quella che un giorno sarebbe stata la mia famiglia. O per lo meno, così credevo, così mi era stato detto. Natali felici. Gli unici.
Quest’anno, dopo la settimana in cui tutto avvenne, sapevo che il mio Natale non sarebbe potuto essere buono. Ma sapevo anche che avrei potuto farlo sembrare tale, con la mia ritrovata maschera verde, per aiutare anche i miei familiari, per i quali allo stesso modo non sarebbe stato un bel Natale, ma almeno non avrebbero dovuto sopportare anche il mio muso lungo.
Non avevo per niente voglia neanche di mettere la maschera però: avrei preferito far finta che il Natale non esistesse, magari lavorare tutti i giorni pur di evitare il più possibile di parlare del Natale, di pensare al Natale, di dovermi trovare in mezzo al Natale e cose così.
Quello che non sapevo è che quest’anno non ci sarebbe stato alcun Natale, che viste le premesse sembra quasi una buona notizia, se non fosse che come nei film horror, quando il mostro cessa di inseguirti è solo perché c’è un qualche bestia demoniaca ancora più pericolosa davanti che ti aspetta. Quest’anno ancor peggio del Natale c’è stato il Nientale. Niente addobbi, niente spirito natalizio, niente aria di festa, niente finzione di felicità, niente nostalgia della famiglia. Tutto questo è stato sostituito, proprio alla vigilia del Natale, da un lutto inaspettato e potente. La bestia davanti.
Di colpo i pranzi e le cene sono spariti, insieme ai festeggiamenti e alla necessità di indossare maschere di felicità, inghiottiti in un quanto mai frenetico gorgo di impegni, tradizioni, doveri, dolori. La disperazione e il pianto sono stati invece protagonisti di questi giorni fuori dal mondo e dal tempo. Potevo essere triste senza doverlo nascondere, potevo non aver voglia di festeggiare senza essere il Grinch. Ho parlato con carabinieri e croce rossa. Ho stretto decine di mani e ricevuto altrettanti abbracci. Ho pianto centinaia di lacrime ed asciugata solo qualche decina. Ho guidato in pieno giorno lungo strade incredibilmente deserte, proprio come quando gioca l’Italia ai mondiali di calcio, mentre tutti erano a pranzo o a cena con i loro cari. Ho dormito vestito su un divano in una fredda cucina. Ho scartato regali completamente privi di importanza e risposto ad auguri mai così tanto fuori contesto. Ho consegnato regali stiracchiati, fatti con quella piccola parte di cuore che sono riuscito a rimettere insieme negli scorsi mesi, cucendo tra loro i pezzi del mio che riuscivo a ritrovare, insieme con pezzi di un po’ tutto quello che capitava a portata di mano e che per il momento poteva servire a tenere insieme il resto. Ho bevuto caffè e poco altro. Ho mangiato panini e riso in bianco. Ho portato in giro qualche passatempo senza avere né le forze né tanto meno l’umore per usarlo. Ho contato le ore della notte. Ho salutato facce su facce e raccontato la stessa storia ad ognuna di esse. Ho mandato di traverso la giornata ad un sacco di persone portando loro brutte notizie in un momento di festa. Ho pregato. Ho ascoltato. Ho ricordato. Ho fatto cose da persona adulta senza sapere bene da dove si partisse per farle. Ho pensato al futuro con ancor più apprensione di quanto non avessi fatto negli ultimi tempi, consolando allo stesso tempo con parole incerte chi pensava al futuro con le stesse preoccupazioni che avevo io. Ho visto facce amiche, e ho lavato via la stanchezza con le parole delle persone care.
Non è così che avevo immaginato il funerale di mio nonno. Neanche un po’. Non avevo al mio fianco chi credevo ci sarebbe stato e c’era invece chi pensavo non avrei mai più voluto intorno. C’erano amici da lontano, amici da vicino e amici dal passato. C’erano anche gli amici che non c’erano e che avrebbero invece voluto esserci.
Non volevo per niente pensare al Natale, e ci sono riuscito, anche se in modo completamente diverso da come mi aspettassi. Forse sarebbe cambiato poco, oggi sarei comunque stato qui, a notte inoltrata, a lamentarmi degli scorsi giorni. Però forse domani sarei andato a raccontare a mio nonno di come, tutto sommato, rispetto agli scorsi mesi, stessi meglio. Invece posso solo andare a parlare ai suoni ovattati che arrivano dalla strada, nella casa ormai vuota dove ho passato la mia infanzia, e dove ho imparato il significato di Amore, rispetto, sacrificio e onestà.
Un felice Nientale anche a voi, che per vostra fortuna avete vissuto gli ultimi tre giorni in un universo parallelo rispetto a quello in cui sono stato io e che nonostante tutto, riuscirete comunque a trovare il modo di lamentarvene. Inutile negarlo, lo so perché l’avrei fatto anche io.
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